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L'Enpam «contesa» da consulenti e advisor

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Venerdí 16 Marzo 2012

Giulio Gallazzi, un omone da un metro e novanta e 120 chili, è fondatore e proprietario del gruppo di consulenza, Sri-Npv. Non è noto come tecnico della finanza, ma nel 2010 l'Enpam si rivolge a lui per analizzare il patrimonio mobiliare. E al suo amico Daniele Pace, che invece è consulente di svariate casse. Da quella dei commercianti, l'Enasarco, a quella dei periti industriali, l'Eppi. Passando per l'ente previdenziale dei giornalisti, l'Inpgi.
Nella prima puntata della nostra inchiesta sulle problematiche della gestione dei patrimoni delle fondazioni, o casse previdenziali, ci siamo concentrati proprio sull'Enpam, in quanto la più ricca di tutte, e sul suo storico "consigliere esperto", il professor Maurizio Dallocchio. In questa seconda puntata, ci soffermeremo su Gallazzi e Pace.
«La forza di Gallazzi sono le relazioni personali», ci dice un suo ex collaboratore. Per anni è stato legatissimo allo stesso Dallocchio, presente anche al suo matrimonio. Altrettanto forti i legami con il Vaticano: la sua Sri ha avuto a lungo la gestione della raccolta pubblicitaria dell'Osservatore Romano e delle cosiddette grandi affissioni sulle facciate o le impalcature delle chiese.
Ma con Dallocchio i rapporti si deterioreranno proprio per via dell'Enpam. Mentre a rivelare suoi supposti problemi con la Santa Sede è la lettera scritta l'8 maggio 2011 dall'attuale nunzio apostolico a Washington arcivescovo Carlo Maria Viganò e resa pubblica da Giancarlo Nuzzi in una puntata del programma de La7 "Gli Intoccabili". Nella sua nota di denuncia di presunte disfunzioni in Vaticano, Viganò accusa un monsignore, Paolo Nicolini, di «comportamenti gravemente riprovevoli per quanto si riferisce alla correttezza della sua amministrazione». E spiega: «Risulta una partecipazione di interessi del medesimo monsignore nella Società Sri Group, del Dott. Giulio Gallazzi, società questa attualmente inadempiente verso il Governatorato per almeno due milioni 200mila euro (…) Tabulati e documenti in mio possesso dimostrano tali affermazioni e il fatto che Mons. Nicolini è risultato titolare di una carta di credito a carico della suddetta Sri Group, per un massimale di 2.500 euro al mese».
«Il rapporto con monsignor Nicolini era molto stretto: è stato lui a sposare Gallazzi e a introdurlo presso il Governatorato», ci dice una fonte ben informata che su quei due milioni e 200mila euro menzionati da Viganò spiega: «Sri aveva gestito la raccolta della pubblicità che copriva i ponteggi del colonnato di Piazza San Pietro durante il restauro ma al momento della scrittura della lettera Sri non aveva versato il dovuto alla Santa Sede».
A Il Sole 24 Ore Gallazzi ha chiarito così: «Il Governatorato ha emesso fattura nei nostri confronti a fine dicembre, e tale fattura è stata pagata a maggio. Una o due settimane dopo quella lettera». E il fatto che il Monsignor Nicolini sia stato titolare di una carta di credito a nome della Sri? «Questo è totalmente falso. Monsignor Nicolini non ha mai avuto una mia carta di credito», risponde.
E un'automobile? «Tantomeno. Mai dato un'automobile al Monsignor Nicolini». Eppure a Il Sole 24 Ore risulta che fino alla primavera del 2007, don Paolo, come veniva chiamato monsignor Nicolini, ha usufruito di una Audi A6 (targa: CW 493 SW) messa a disposizione da una società di Gallazzi, la Fin.Com. Srl.
Gallazzi ha tra l'altro una lunga storia di improvvise rotture con suoi stessi soci (oltre che amici). Il cofondatore e comproprietario di Sri, Egidio Maggioni, è oggi in causa con lui. «Non c'era più accordo, né possibilità di continuare a lavorare insieme», si limita a dire quando gli chiediamo spiegazioni. Stessa cosa è avvenuta con i tre soci co-fondatori di Npv, l'altro ramo del suo gruppo. Nel 2008 tutti e tre hanno preferito sganciarsi.
Una curiosità aggiuntiva: i vertici di Sri sono stati condannati penalmente per non aver versato l'Iva entro il termine previsto sugli anni 2005 e 2006. Per un totale di quasi 700mila euro. Le condanne a sei mesi di reclusione, inflitte il 27 ottobre 2009 e il 3 settembre 2010, sono state sostituite da pene pecuniarie di cui è stata disposta la "non menzione" (ma Il Sole 24 Ore ha la documentazione che le prova).
Veniamo a Daniele Pace: arriva dalla Cgil, è stato in Assoprevidenza e poi nel consiglio della Covip, l'ente di vigilanza dei fondi pensione. È lì che si è costruito quella rete di relazioni nel settore che gli ha poi permesso di diventare consulente di fondi pensioni e casse di previdenza.
Gallazzi ci ha detto che, a parte una breve collaborazione nel 2008, con Pace non ha «mai lavorato insieme». Insistendo: «Nessuna collaborazione». In un'email Pace ha confermato: «Con il Dr. Gallazzi non condivido attività economiche». Ma Il Sole 24 Ore ha trovato evidenze del fatto che tra loro c'è stato un rapporto di vera e propria sinergia professionale. Perlomeno nel 2010/2011
  CONTINUA ...»

Venerdí 16 Marzo 2012
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